Fonte: Le Repubblica, approfondimento di Barbara Ardù.
Una delle motivazioni che spinge molte persone ad abbandonare l’azienda in cui lavorano è avere un capo difficile, incapace di delegare e fumantino. Le strategie per non lasciarsi abbattere e rivendicare il proprio ruolo.
Urla troppo, controlla le pause pranzo, non si fida se il lavoro viene fatto da casa, ma vuole tutti chini sulla scrivania. E soprattutto ogni volta che avete a che fare con lui l’ansia vi assale. La sapete controllare? No, ogni tanto lo mandate a quel paese. Bene, anzi male, perché la realtà è che avete un capo “impossibile”, il che può essere una “disgrazia”, piccola ma fastidiosa. Che per molti può trasformarsi in una condanna, tanto che l’unica soluzione che intravedono è quella andarsene, lasciando l’azienda. È questa, secondo alcuni esperti e a detta di “Lang&Partners”, Società internazionale di consulenza e head hunting, una delle motivazioni che spinge molte persone a cambiare azienda. E non è un bene in tempi in cui i talenti scarseggiano e anzi in alcuni settori le imprese tentano di tenerseli stretti e faticano a trovarli su un mercato del lavoro in trasformazione.
Avere un capo impossibile, secondo Roberto D’Incau, che “Lang&Partners” l’ha fondata, è qualcuno con cui non si riesce assolutamente a interagire, che ci rende la vita difficile e ci fa venire l’ansia la mattina prima ancora di entrare in ufficio, che controlla ogni vostro singolo passo, insomma qualcuno che non sa delegare. Rassegnarsi? Scappare? Secondo D’Incau, ci sono diversi modi per gestire la situazione: “per una somma algebrica di fattori – sostiene D’Incau – la più conveniente risulta sempre provare migliorare il rapporto col capo difficile“.
Ecco i suoi consigli. Il primo passo è provare a comprendere se davvero si ha a che fare con un pessimo boss o se invece siete voi troppo duri nei suoi confronti, magari perché siete convinti che quel posto sarebbe spettato a voi. Insomma il nuovo capo per voi è un impostore. Scegliendo lui l’azienda vi ha deluso. E se è così il problema è l’azienda o siete voi che non accettate la “sconfitta”.
Un’altra strada è tentare la strada dell’empatia, o meglio fareste bene a mettervi nei suoi panni. Sforzarsi di capire il suo punto di vista. È davvero un cattivo capo, o è semplicemente sotto pressione per i risultati che deve portare (un capo sopra ce l’ha anche lui, la catena è lunga) e non è detto che i suoi superiori lo stiano supportano in modo adeguato. Si sente solo anche lui. Spesso, specie se si è in azienda da tanto tempo, si tende a rimpiangere il vecchio capo. Solo che i ricordi sono traditori, evidenziano i pregi e non i difetti, mentre del nuovo capo si vedono solo i difetti. E se poi, nonostante tutti i vostri sforzi di comprenderlo, il capo continua a stressarvi passate alla fase difensiva. Cominciate a pensare che il vostro ruolo in azienda va avanti indipendentemente da lui. Se fate il vostro lavoro in modo ineccepibile, se non vi fate abbattere dal caratteraccio del boss, il leadership team dell’azienda comunque apprezzerà quello che state facendo. A volte, i capi impossibili non durano tanto, resistete insomma.
Radiografia del capo “sbagliato”
È quello che controlla la durata delle pause pranzo, ogni riga dei report che vengono scritti, la gestione di ogni singola voce del vostro budget. È un capo poco strategico, che non sa delegare. Per resistere c’è una sola strada: fare buon viso a cattivo gioco, rassicurarlo nella sua ansia di controllo, assecondandolo. Chissà, potrebbe cambiare e le cose andranno meglio.
La prima cosa da fare però è mettere dei paletti: deve capire con cortesia ma anche con fermezza, che non si è disposti a subire la sua maleducazione o l’aggressività. Se “prende fuoco” troppo facilmente, lasciate che gli passi e il giorno dopo prendetelo da parte per dirgli: “non ti sembra di avere esagerato ieri?”. È un modo per farlo riflettere, a freddo però. E poi assecondatelo nelle sue piccole manie, ogni uomo o donna ne ha. Magari è fissato sull’ordine delle scrivanie, sulla puntualità. Assecondatelo. E ricordatevi chi non riesce a tenere testa a un capo troppo duro, ha anche difficoltà a essere assertivo in altre situazioni, per esempio in famiglia.
E se anche questi sforzi sono vanificati forse il vostro capo non ha solo un carattere difficile, necessita di cure psicologiche.
“A me è successo – racconta Roberto D’Incau –
anni fa, fuggii a gambe levate, ci tenevo troppo al mio benessere psicofisico per lavorare con un capo psicolabile.
In questo caso, soprattutto se si lavora in un grande gruppo, è bene parlare con il capo del personale e condividere il proprio punto di vista, chiedendo di spostati. E sì perché si potrebbe trattare di un capo con sindrome di burn out, oggi finalmente considerata come una vera e propria malattia professionale”. Solo che chi glielo dice al capo che forse una curetta potrebbe riappacificarlo con sé stesso e gli altri?
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