Recentemente è stato pubblicato sul blog di IPSOA un articolo dal titolo “Conflict management in azienda: come trasformarli in opportunità di crescita“. Si tratta di un argomento che, involontariamente, coinvolge tutte le persone che lavorano in un contesto aziendale. Che si lavori con 1 o 1.000 colleghi, è praticamente impossibile non incappare, almeno una volta, in un conflitto.
“La gestione dei conflitti è un aspetto cruciale nella vita di un’azienda, in quanto le situazioni conflittuali possono emergere in qualsiasi momento e in qualsiasi contesto. Meglio evitarli, certo, ma ancora più importante saperli gestire.
Una sapiente gestione dei conflitti non solo risolve i problemi immediati, ma può anche trasformarsi in un’opportunità di crescita e miglioramento per l’intero team aziendale. Cerchiamo, dunque, di vedere quali sono le migliori tecniche e principi per gestire i conflitti e come questi possono essere trasformati in momenti di crescita per migliorare il benessere dell’organizzazione.
Prima di passare in rassegna le tecniche per la gestione dei conflitti, è importante comprendere quali possono essere le diverse tipologie di conflitti in un contesto come quello aziendale:
• Cominciamo dai conflitti interpersonali: tra di essi rientrano quelli tra due o più individui causati da differenze di personalità e carattere, stili di lavoro, opinioni, valori e convinzioni.
• Passiamo poi ai conflitti intra-gruppo: sono essi i conflitti che nascono dentro un team di lavoro, un dipartimento o una divisione, e il più delle volte sono legati a divergenze di obiettivi, di procedure e stili di lavoro e di competenze tecniche.
• Si passa così ai conflitti inter-gruppo: qui ci troviamo di fronte a team diversi – il più delle volte appartenenti ad aree aziendali o reparti diversi – che possono avere obiettivi divergenti, oppure risorse contrastanti.
• Infine, i conflitti gerarchici: questi avvengono tra i diversi livelli dell’organizzazione, ad esempio tra manager e collaboratori.
Cerchiamo di sintetizzare quali possono essere le cause più frequenti di conflitto nel contesto aziendale:
• Differenze di personalità e di carattere: sono forse le più frequenti nel contesto lavorativo; ciascuno di noi porta se stesso con il proprio carico di soddisfazioni e insoddisfazioni, paure e ansie, ambizioni e convinzioni. Poiché tali aspetti sono per lo più inconsci, ecco che ogni persona pensa di aver ragione e di agire per il meglio e che siano gli altri strani o sbagliati. Da qui muove il conflitto, che il più delle volte agisce su prese di posizione nella dicotomia tra chi ha torto e ragione, di chi ha iniziato per primo, di chi è colpevole e così via.
• Problemi di comunicazione: il malinteso, il fraintendimento e l’equivoco sono all’ordine del giorno. Ciascuno pensa di essersi spiegato bene e di aver detto tutto il necessario, pertanto, se l’altro non capisce è colpa sua. Nulla di più frequente della cattiva comunicazione tra colleghi. A ciò si aggiunga che spesso la comunicazione passa attraverso lo scritto di email e messaggi: niente di più sbagliato e pericoloso. Chi riceve uno scritto, interpreta, deduce e trae le proprie conseguenze, senza possibilità di interazione con il mittente.
• Differenze valoriali: la cultura in cui si cresce diventa il nutrimento per ciascuno e così i valori base, le credenze e le convinzioni su ogni aspetto della vita: dalla politica alla religione, dall’etica al rispetto delle regole.
• Differenze di obiettivi: è comune trovare all’interno dello stesso team di lavoro o tra team che collaborano persone che hanno obiettivi diversi, a cominciare dal significato che attribuiscono al lavoro nel contesto più generale della propria vita. Da ciò discendono naturalmente approcci diversi, impegno diversi e conflitti conseguenti.
• Antagonismo eccessivo: il luogo di lavoro, soprattutto nelle posizioni economicamente più interessanti, può diventare un campo di gara e di scontro, dove gli sgambetti possono rappresentare una tecnica per vincere e aggiudicarsi premi, promozioni e visibilità.
• Ruoli e responsabilità ambigui: la mancanza di chiarezza sul proprio ruolo e sulle responsabilità conseguenti può diventare fonte di stress, ansia e frustrazione. In un tale humus è molto più facile scontrarsi e cadere nel conflitto con colleghi e capi.
• Frustrazione per promesse non mantenute: è forse la prima causa di conflitto tra le gerarchie. Promozioni promesse e poi non date, premi assicurati e poi mai conferiti, percorsi di crescita bloccati. Tutte occasioni di frustrazione che spesso finiscono in conflitto aperto o in turnover.
La corretta gestione di un conflitto parte dall’analisi delle cause e delle caratteristiche del conflitto, dalla scelta dello stile di gestione più appropriato in base alla situazione e dall’applicazione delle tecniche di comunicazione e di negoziazione più efficaci.
Vediamo le principali:
• Ascolto attivo: quindi prestare attenzione alle necessità e alle opinioni degli altri con attenzione e senza distrazioni.
• Comunicazione efficace: essere chiari nel trasmettere informazioni per evitare malintesi.
• Feedback costruttivo: vuol dire saper fornire feedback che siano concreti, precisi, dati nell’interesse di chi li riceve.
• Focalizzarsi sugli interessi e non sulle posizioni di principio: da lì si può trovare punti di accordo che possano servire come base per il compromesso.
• Flessibilità nell’esplorare le opzioni: quindi saper considerare diverse soluzioni possibili e valutare i loro pro e contro.
Un’ottima pratica è quella di creare le condizioni per il confronto costante tra le persone, con riunioni di team regolari, survey di analisi del clima, interviste individuali, retreat e attività di team building, apertura a formatori esterni e condivisione di valori dove la diversità, il rispetto e l’innovazione siano le basi su cui fondare il business aziendale mettendo le persone al centro.
Ricordiamo che i costi dei conflitti non gestiti possono essere molto rilevanti su lungo periodo, a cominciare dal clima aziendale negativo, all’aumento dello stress e delle rigidità di comportamento, alla diminuzione della produttività individuale e di team, fino al turnover e al danno reputazionale.”
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