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STUDIARE LATINO E MATEMATICA PER TROVARE LAVORO: LE MATERIE PIÙ RICHIESTE NEL FUTURO

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24 Aprile 2019

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Fonte: Il Corriere della Sera, approfondimento di Rita Querzé.
 
Tecnici delle vendite e del marketing
I più gettonati sono sempre loro. I tecnici delle vendite e del marketing e gli operai metalmeccanici ed elettromeccanici. Partiamo dai tecnici. Ne servono 11.200 solo in Lombardia ma uno su due è difficile da reperire. In Piemonte ne mancano oltre 3.000. E anche qui stessa storia: il 49 per cento è missing, desaparecido. Del resto anche l’Emilia Romagna sta andando a caccia degli stessi tecnici delle vendite e del marketing con risultati di poco migliori: “solo” il 47% è difficile da arruolare. La cosa interessante è che se vai in una regione del Sud, una di quelle con i più alti tassi di disoccupazione come la Campania, le cose non cambiano: degli ormai mitici “tecnici delle vendite e del marketing” anche qui ne servirebbero 2.490 e la quota di quelli difficili da assumere è superiore a quelle del che si registrano al Nord: addirittura il 54%.
Passiamo dai tecnici agli operai metalmeccanici ed elettromeccanici, un’altra delle professionalità con il maggior numero di richieste inevase. In Veneto ne servirebbero 4.980 ma il 55% sono difficili da trovare. In Emilia la caccia è aperta per 4.510 ma 43 ricerche su 100 non riescono ad andare a buon fine. Stessa storia in Lombardia con 8.100 operai metalmeccanici ed elettromeccanici necessari alle aziende ma solo 56 assunzioni su 100 che riescono ad andare a buon fine perché gli altri non si trovano sul mercato.
Disallineamento cronico
Possibile? Possibile che in un Paese con un tasso di disoccupazione superiore al 10% e una situazione particolarmente grave tra i giovani, con oltre il 30% degli under 24 che non trova lavoro siamo ancora qui a parlare di mismatch, disallineamento tra domanda e offerta di lavoro? Anche perché il problema non è nuovo, se ne dibatte da almeno da vent’anni. Evidentemente senza trovare soluzioni.
È interessante su questo sentire il parere di Mimmo Parisi, nuovo presidente dell’Anpal, l’Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro. Un italiano che subito dopo gli studi si è trasferito negli Usa, nello Stato del Mississippi, dove si è occupato con buoni risultati proprio di incontro domanda e offerta di lavoro. Ora la sfida più difficile: sbloccare gli ingranaggi inceppati del mercato del lavoro italiano.
Nel nostro Paese abbiamo un forte gap di competenze, come colmarlo? “Dobbiamo intraprendere un grande cambiamento culturale, capovolgere la prospettiva con la quale affrontiamo l’educazione dell’individuo — risponde Parisi, alzando subito l’asticella —. Il sistema dell’istruzione e della formazione va ripensato secondo un’architettura strutturata su tre componenti. La prima componente è quella della preparazione di base, cioè dell’acquisizione di conoscenze. Queste conoscenze non vanno intese come un patrimonio di sapere fine a se stesso, bensì come un investimento che permetta all’individuo di trovare un lavoro dignitoso. Parlo di una connessione anche fisica, materiale, attraverso le nuove tecnologie dell’informazione e la possibilità di utilizzare i big, smart e fast data. La terza componente è quella del life long learning, dell’apprendimento permanente, in modo da favorire crescita professionale, carriere, occupabilità delle persone.
Basse competenze più richieste
Certo, dal dire al fare…Quanto tempo ci vorrà per realizzare questo passaggio? “I tempi sono dettati dalle esigenze del mercato, dall’evoluzione dello scenario economico, e dalla trasformazione del sapere — stima il presidente Anpal —. Questo passaggio dovrebbe avvenire il più rapidamente possibile. L’economia attuale nel 65% dei casi richiede solo low e middle skill. Ma già abbiamo intorno a noi le economie emergenti, quelle delle high skill, specifiche competenze, dove hanno un valore centrale le data science e le computer science. La new economy, l’economia del futuro, quella per la quale usiamo il termine 4.0, è quella che costruiamo intorno a queste capacità e competenze, che il sistema della formazione e dell’istruzione devono essere in grado di offrire e organizzare”.
I dati fin qui illustrati riguardano le entrate previste nelle aziende nel mese di gennaio dall’indagine Excelsior-Unioncamere commissionata da Anpal. In tutto si parlava di 441.600 ingressi. I territori con le maggiori difficoltà a trovare le persone “giuste” — quelli dove è di difficile reperimento un professionista su tre — sono il Nord Est (Trentino Alto Adige, Veneto e Friuli Venezia Giulia), l’Emilia Romagna, la Toscana e l’Umbria. A Nord Ovest, Piemonte e Lombardia. Delle 380 mila entrate previste il 27% riguardano giovani sotto i 29 anni. Tra i laureati i più richiesti, subito dopo i giovani in uscita da una facoltà di Economia, sono gli ingegneri. Per loro la difficoltà di reperimento raggiunge la quota record del 47%. Sono superati soltanto dai diplomati in meccanica, meccatronica ed energia, difficili da assumere in un caso su due.
Un giusto mix da costruire
Quale consiglio si può dare ai giovani che stanno scegliendo il loro indirizzo di studio? “Il consiglio principale è comprendere l’importanza dell’educazione tecnica, senza la quale sarà sempre più difficile avere un lavoro dignitoso e realizzarsi in un contesto sociale — risponde con pragmatismo il presidente dell’Anpal, Mimmo Parisi —. Non vuol dire che l’istruzione umanistica non sia importante, anzi, nella new economy è fondamentale il patrimonio di conoscenze e competenze non specialistiche, ma occorre tenere ben presente che queste due sfere devono intersecarsi, non sono compartimenti stagni. La creatività deve essere integrata con il coding. Le previsioni della ricerca delineano figure professionali molto particolari, e possono dare spunti di riflessione ai ragazzi di oggi, che magari devono scegliere la scuola superiore, per decidere verso quali campi indirizzare i loro studi”.
Le imprese? Investano di più
Certo, le imprese si lamentano. Dicono di essersi fatte carico di completare la formazione dei giovani usciti dalla scuola con conoscenze inadeguate alle esigenze del mercato. “Le imprese devono concorrere maggiormente alla formazione dei lavoratori già nel percorso di istruzione, devono investire maggiori risorse nel capitale umano e devono dialogare con il mondo della ricerca e dell’istruzione, in un’ottica di collaborazione pubblico-privato maggiore rispetto a quanto accada oggi — sprona Parisi —. Devono essere soggetti attivi nei processi di creazione delle competenze necessarie al mercato del lavoro. Soprattutto devono continuare a investire in formazione, ricerca, perché la nuova economia muta a una velocità tale che si rimane sul mercato solo se questi ambiti sono curati in parallelo”“Noi come Anpal — conclude Parisi — possiamo favorire questi processi. Per aiutare imprese e cittadini a governare il cambiamento”.

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